Ingrossamento della prostata

Ingrossamento della prostata

NUOVI ORIZZONTI NEL TRATTAMENTO DEI DISTURBI URINARI E SESSUALI DI ORIGINE PROSTATICA

INTRODUZIONE
La prostata è una ghiandola di circa 20 gr. di peso nel maschio adulto, che si trova sotto la vescica ed è attraversata dal primo tratto del canale uretrale (figura 1) che permette il passaggio verso l’esterno dell’urina al momento della minzione e dello sperma con l’eiaculazione. Essa è deputata infatti alla formazione della maggior parte del liquido seminale che viene riversato nel tratto di uretra compreso all’interno della prostata  nella fase dell’eccitazione sessuale precedente l’eiaculazione vera e propria.

La ghiandola prostatica può andare incontro, col passare degli anni, a diverse malattie, la più comune delle quali è costituita dal suo ingrossamento che, determinando una compressione sul canale uretrale, può provocare disturbi urinari e sessuali in grado di compromettere la qualità della vita.

L’insorgenza dell’iperplasia benigna della prostata  avviene nell’area adiacente al canale uretrale e al collo vescicale, detta “zona di transizione” che è ben distinta dalla “zona periferica” che è la sede di insorgenza della stragrande maggioranza dei tumori prostatici (figura 2)

 

Con l’aumento della speranza di vita, che nei Paesi industrializzati ha superato, all’inizio del III millennio, la soglia degli ottant’anni, i disturbi riconducibili all’aumento di volume della prostata, chiamata più propriamente IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA e che di seguito chiameremo IPB, hanno subito un incremento molto significativo.

LA DIFFUSIONE NELLA POPOLAZIONE
Un aumento di volume della prostata è rilevabile nel 25% dei soggetti fra i 50 e 60 anni e nel 53% degli ottantenni, mentre  i disturbi, in grado di peggiorare la qualità della vita, colpiscono un numero importante della popolazione maschile a partire già dai quarant’anni: uno studio americano riporta una percentuale del 14% fra i quarantenni e del 24% tra i cinquantenni mentre nei novantenni  tale percentuale sale all’ ’80%.

Questi dati inducono a considerare che per l’individuo più giovane e socialmente attivo l’impatto della malattia, in termini psicologici, esistenziali, lavorativi ed economici (sia individuali che collettivi) è sicuramente maggiore rispetto al soggetto più anziano, anche se però è nell’età più avanzata che si incontrano le situazioni più drammatiche di isolamento e di abbandono, in cui spesso proprio i disturbi urinari sono determinanti nella difficoltà di rapporto con gli altri e nella perdita dell’autostima personale: basti pensare all’ incontinenza urinaria, determinata dai problemi prostatici, con tutti i suoi risvolti psicologici dovuti alle reazioni di evitamento che vengono regolarmente a determinarsi in questi soggetti ed alla perdita reale di autonomia che una simile infermità finisce per comportare .

I SINTOMI

Lo sviluppo dell’IPB è insidioso e avviene nel tempo molto lentamente, per cui le modificazioni anatomo-funzionali a carico prima delle basse vie urinarie poi talvolta dell’alta via escretrice (ureteri, bacinetto e calici renali), si instaurano gradualmente e, almeno nelle fasi precoci, vengono percepite con difficoltà dal paziente.

Non è del tutto infrequente che l’assuefazione progressiva alle varie fasi dell’ostruzione comporti una sottovalutazione dei disturbi al punto di portare qualche soggetto alle complicanze più gravi, quali la perdita della funzione renale, prima che venga consultato il medico.

Fortunatamente l’ostruzione progressiva del flusso urinario, che si manifesta usualmente con una riduzione sempre più accentuata della forza del getto dell’urina, induce conseguenze abbastanza precoci sull’ anatomia e sulla funzione vescicale portando spesso alla comparsa di violente contrazioni spontanee della vescica che sono responsabili di disturbi irritativi molto pesanti che vanno dallo stimolo minzionale frequente  alla necessità di mingere con urgenza in qualunque ambiente uno si trovi, pena la perdita involontaria di urina, o  alla necessità di urinare  piu volte durante la notte con grave compromissione del riposo notturno e quindi della vita lavorativa e di relazione.

I sintomi vengono valutati sulla base di questionari che permettono di dare un punteggio ai singoli disturbi.

Potete provare a rispondere al questionario IPSS (= International Prostate Symptom Score)  qui riportato e calcolare il punteggio che avete raggiunto: se, rispondendo alle prime 7 domande, totalizzate  un punteggio superiore a 7 è preferibile farvi dare un’occhiatina dall’urologo perché significa che i disturbi cominciano ad essere significativi (tabella 1).

IMPATTO DEI DISTURBI URINARI SULLA QUALITA’ DELLA VITA

L’impatto dei disturbi minzionali sulla vita personale e di relazione può divenire importante quando vengono compromessi, talora seriamente, il sonno, il lavoro, il tempo libero e la vita sessuale, ed è per questo che, vicino alla “scala “ della gravità dei sintomi,, viene sempre associata una valutazione della qualità della vita, come nello stesso questionario qui riportato (domanda n 8), importante soprattutto per valutare i reali miglioramenti ottenibili con una determinata terapia per confronto con la situazione basale. I disturbi urinari secondari a patologia prostatica sono risultati addirittura più invalidanti della broncopatia cronica ostruttiva, giustamente ritenuta una patologia grave dalla comunità scientifica, in quanto il fastidio provocato dai sintomi urinari che determinano una limitazione progressiva delle attività quotidiane, della vita sociale e di relazione viene percepito come una condizione in grado di compromettere seriamente il proprio benessere. Si può finire per modificare il proprio stile di vita e le attività fisiche per scansare disagi e imbarazzo.

In una recente rassegna sono stati accorpati i risultati di tre studi europei sull’impatto dei disturbi della basse vie urinarie sulla qualità della vita: la frequenza dei sintomi è risultata più alta in Italia che nel resto dell’Europa, e i sintomi irritativi ( urgenza , risvegli notturni, eventuale incontinenza) sono risultati i  più fastidiosi in quanto complicano in maniera notevole la vita quotidiana e causano imbarazzo. Sono questi i disturbi che maggiormente spingono il soggetto a chiedere l’aiuto dello specialista.

DISTURBI MINZIONALI E SESSUALITA’

Finora scarsa attenzione è stata rivolta ai rapporti esistenti tra disturbi della minzione e disfunzioni della sessualità maschile, nonostante entrambe queste condizioni siano molto frequenti a partire dai fatidici 50 anni.

Recentemente uno studio condotto congiuntamente negli USA e in altri 6 Paesi europei fra cui l’Italia ha colmato questa lacuna prendendo in considerazione circa 13000 uomini di età compresa fra i 50 e gli 80 anni. I risultati hanno evidenziato che l’83% degli intervistati è sessualmente  attivo seppure con percentuali e frequenze mensili declinanti in funzione dell’età. In questo range di età il 50% degli uomini ha riferito problemi di erezione, il 47% ridotta o assente eiaculazione e il 7% dolore o fastidio durante l’eiaculazione. Tali disfunzioni sessuali sono state vissute come un vero e proprio problema in percentuale variabile dal 59 % all’89% degli uomini intervistati.. Lo studio ha dimostrato che i disturbi della minzione influenzano negativamente e in modo progressivo la funzione sessuale in rapporto alla loro gravità, riducendo sia la frequenza dei rapporti  ( fino al 56%), che l’erezione, il volume e la forza dell’eiaculato  fino a raggiungere  un’incidenza doppia rispetto a quella della popolazione della stessa età ma senza disturbi minzionali.

FIGURA  3  Disturbi dell’erezione in relazione alla gravità dei disturbi urinari  valutati con il questionario IPSS (a punteggio maggiore corrisponde sintomatologia più grave).

Con l’aumentare dei disturbi minzionali si aggravano i problemi sessuali.

LE TERAPIE

Da qualche anno la disponibilità sul mercato di molecole attive sui meccanismi che determinano i disturbi urinari ha allargato notevolmente le indicazioni al trattamento farmacologico. Un recente studio ha dimostrato che il 76% dei pazienti si avvale della terapia medica con notevole beneficio sulla sintomatologia  urinaria  che si mantiene negli anni anche se con discreti effetti collaterali che interessano fra l’altro la sfera sessuale; si tratta pur sempre, va ben tenuto presente, di trattamenti sintomatici volti cioè a migliorare i sintomi ma non in grado di guarirne la causa.

Chi soffre di disturbi riconducibili all’Iperplasia Prostatica Benigna risulta pertanto esposto a compromissione anche importante della propria sessualità sia  per la malattia in sé che per la terapia farmacologica prescritta nell’intento di  minimizzare i disturbi minzionali.

Per questo motivo, da qualche tempo, è stato introdotto nell’armamentario farmacologico della terapia dell’IPB, l’utilizzo di una molecola (Tadalafil) nota da tempo per la sua azione nella terapia della Disfunzione Erettile che , assunta a dosi ridotte (5 mg) tutti i giorni per il primo mese e poi a giorni alterni in seguito, sarebbe in grado di dare risultanti soddisfacenti, oltre che nei disturbi sessuali, anche per quanto riguarda i sintomi delle basse vie urinarie che caratterizzano l’IPB.

La terapia chirurgica rimane a tutt’oggi l’unica forma di terapia causale in quanto tende a risolvere l’ostacolo meccanico al libero passaggio dell’urina attraverso il canale uretrale costituito dalla crescita del tessuto prostatico.

L’indicazione alla terapia chirurgica si pone nel caso di:

  • soggetti con sintomatologia severa in cui la terapia farmacologica risulta il più delle volte inefficace
  • soggetti  che non riescono a svuotare completamente la vescica;
  • soggetti con infezioni urinarie recidivanti, sanguinamento prostatico ricorrente o calcolosi vescicale.

L’approccio chirurgico più seguito in tutto il mondo è quello endoscopico, che prevede la progressiva resezione del tessuto prostatico iperplastico ( TURP)  con un resettore ad ansa elettrica che agisce attraverso l’uretra.

Tale intervento, riservato a prostate di piccoli e medie dimensioni, (al di sotto dei 90 gr. di peso) è in genere risolutivo, tanto da costituire oggi il “GOLD STANDARD” della terapia della prostata, anche se può determinare qualche complicanza di rilievo:

  • TUR-Syndrome ovvero scompenso acuto cardio-circolatorio da eccessivo assorbimento di liquidi durante l’intervento allorchè duri oltre i 90’;
  • restringimenti di diverso grado dell’uretra e/o della zona operata ( 6-8%);
  • incontinenza urinaria ( 0,5 – 1%);
  • scomparsa dell’eiaculazione (> 90%)
  • disfunzione erettile (riportata in qualche casistica fino al 4% dei casi).

L’intervento è discretamente emorragico e  lascia abitualmente, per effetto delle lesioni da corrente elettrica sul tessuto residuo, dei disturbi irritativi (stimolo imperioso alla minzione, frequenza minzionale elevata diurna e notturna, talora bruciori ) che talora impiegano qualche mese a scomparire, con conseguente periodo di convalescenza  piuttosto fastidioso.

La chirurgia a cielo aperto è oggi riservata a casi abbastanza limitati per numero e frequenza, allorché le dimensioni della prostata sono particolarmente cospicue, e in cui la resezione endoscopica rischia di essere largamente incompleta, di lunga durata e particolarmente emorragica, oppure in caso di presenza di affezioni  vescicali concomitanti non risolvibili per via endoscopica, come i grossi diverticoli .

I risultati sono tuttavia buonissimi, i migliori in assoluto, con guarigione completa senza problemi in un mese nella stragrande percentuale dei casi. Complicanze sovrapponibili a quelle della TURP, con eccezione della TUR Syndrome che nell’intervento aperto è esclusa.

Numerosi approcci mini-invasivi sono stati proposti in questi ultimi 20 anni, allo scopo di semplificare la terapia disostruttiva dell’IPB, in particolare per i pazienti ad alto rischio chirurgico o in giovane età, nel tentativo di evitare le complicanze degli interventi più tradizionali di cui sopra, ma tali metodiche  si sono rivelati tutte  palliative, in quanto o scarsamente efficaci, o gravati da sequele post-operatorie ancora più fastidiose di quelle che conseguono alla tradizionale elettroresezione  trans-uretrale della prostata (TURP) che rimane a tutt’oggi, come già detto,  l’intervento di riferimento ( “ gold standard”) per il trattamento disostruttivo dell’IPB. E’ rimasta tuttora in uso la termoablazione ad ago (PROSTIVA), che ha comunque indicazioni di nicchia (v. altro articolo dedicato in questa sezione del sito), e, da 1  anno circa, una tecnica molto semplice e ingegnosa, che riduce il problema ostruttivo schiacciando i lobi prostatici per mezzo di fili fatti passare attraverso il parenchima prostatico per ottenere  l’allargamento del canale uretrale, denominata  UROLIFT. A questa nuovissima tecnica, assolutamente mininvasiva, che non produce alcun sanguinamento, non asportando tessuto,  che consente il risparmio dell’eiaculazione anterograda e non presenta rischi di incontinenza, è dedicato un articolo in altra parte della stessa sezione di questo sito.

LA TURP BIPOLARE

Abbiamo voluto adottare dal 2006 una modifica alla TURP tradizionale, consistente nell’utilizzo della corrente BIPOLARE al posto della tradizionale corrente monopolare.

La differenza sostanziale risiede nel poter utilizzare una corrente che non attraversa il corpo del paziente, esaurendosi il circuito nell’ambito dell’ansa elettrica che opera, fra l’altro con caratteristiche emostatiche molto superiori a quella tradizionale, e che, soprattutto,  richiede soluzione fisiologica come liquido di lavaggio intraoperatorio, annullando il rischio di “TUR syndrome”  ( a rischio vita) esistente con gli altri liquidi di irrigazione necessari per la TUR monopolare tradizionale. Queste modifiche si sono rivelate sostanziali, accostando le caratteristiche della TURP bipolare a quella dei vari lasers, con il vantaggio non indifferente di fornire materiale idoneo all’esame istologico, cosa impossibile da ottenersi con il laser verde che vaporizza il tessuto.

Uno studio di confronto fra TURP Bipolare e Laser a luce verde, che noi stessi abbiamo condotto a Castellanza su oltre 100 pazienti, ha permesso di osservare risultati molto vicini con le due tecniche se si eccettua la possibilità, unica per il laser, di dimettere i pazienti entro 24 ore dall’intervento, grazie al sanguinamento ridotto in corso di intervento e nell’immediato post operatorio.

Con la TURP bipolare si riesce comunque a contenere il ricovero in 2-3 giorni con due  vantaggi importanti rispetto al laser verde:
 1) la dimissione avviene quasi sempre senza catetere e con minzione spontanea da parte del paziente mentre con il laser verde vi è la necessità nel 30 – 40% dei casi di dimettere il paziente con il catetere per qualche giorno;

2) i disturbi irritativi dopo TURP bipolare sono nettamente inferiori per intensità e di più breve durata nel tempo (1 versus 3 mesi)

Recentemente poi, a distanza di 4-6 anni dalla Fotovaporizzazione con laser abbiamo osservato un discreto numero di casi (22) di episodi ripetuti di sanguinamento all’inizio della minzione o anche durante tutta la minzione, per periodi più o meno prolungati, che ci hanno costretto nella maggioranza dei casi a reintervenire con la TURP bipolare per risolvere il sanguinamento stesso che è apparso costantemente causato dalla comparsa di varici venose a livella della loggia prostatica vaporizzata.

In conseguenza di queste osservazioni, mettendo a confronto fra loro i vantaggi e gli svantaggi delle due metodiche , ci siamo orientati ad utilizzare di routine la  TURP BIPOLARE in tutti i casi di ipertrofia prostatica trattabile endoscopicamente, vale a dire di volume inferiore ai 90 ml, (al di sopra di tale volume l’indicazione elettiva rimane l’intervento di asportazione dell’adenoma prostatico a cielo aperto, di cui si è parlato più sopra). I risultati ottenuti con la TURP BIPOLARE, in una casistica che ormai supera i 1500 casi, sono assolutamente soddisfacienti anche nel tempo, e il grado di soddisfazione dei pazienti è ancora maggiore di quello ottenuto con il laser verde utilizzato a Castellanza dal 2003 al 2015.

Dal 2018 entrerà nell’uso routinario del nostro reparto un nuovo laser chirurgico al Thulium, con il quale sarò possibile effettuare una enucleazione endoscopica dell’adenoma prostatico molto simile a quella che viene realizzata nella chirurgia aperta, con il vantaggio di un’emostasi molto accurata e conseguente possibilità di contrarre ulteriormente la durata del  ricovero a  24-48 ore e di allargare l’indicazione alla terapia endoscopica  a  prostate di 100 ml e più.

Ne parleremo appena acquisita una casistica e un’esperienza sufficiente

 

 

    Studio medico
    Via Mantegazza, 1
    22100 Lora (CO)
    Telefono +39 031 283565